Mercoledì, 03 Marzo 2021 00:51

L'ultima dimora degli enfants du répit

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Quando un bambino mai-nato “tornava alla vita” per il tempo di un respiro in un santuario del répit e poteva ricevere l’agognato Battesimo, poteva finalmente essere sepolto “in terra consacrata”. Ma il dubbio verso questa antichissima quanto vituperata pratica, non proprio teologicamente limpida nell’ottica cristiana, spesso spingeva a cercare soluzioni particolari.

A Moustiers-Sainte-Marie o intorno a Notre Dame de Bettlerans (France-Comte) e a Notre Dame de Vie a Mougins così fu predisposto un cimitero apposito solo per quei fanciulli dall’enigmatico destino. Altre volte veniva allestita un’area dedicata nei cimiteri già esistenti, ove seppellire i corpicini in tombe individuali o in fosse collettive. In Valcamonica e non solo, questi spazi riservati avrebbero preso il nome di “Limbo”.

A Benoit-Vaux, addirittura, importante santuario mariano edificato su una sorgente miracolosa, le memorie di padre Gastellet riportano che un fanciullo battezzato dopo aver dato segni di ritorno in vita “fu interrato nella medesima cappella, ai piedi dell’altare della Concezione”.

Non sono usanze del tutto nuove, bensì permutate dalla tradizione: molti infatti sono i battisteri antichi sotto i pavimenti dei quali sono state ritrovate, occasionalmente e in numero limitato, sepolture di fanciulli, di infanti e di feti. In Italia settentrionale, tra la Lombardia e il Piemonte, si può citare ad esempio quello di San Filippo Neri a Busto Arsizio (VA), o quello di Settimo Vittone (TO) che, fra le tante inattese scoperte, insieme ad un antichissimo fonte battesimale sotto a quello attuale, ha restituito anche ossa certamente di bambini che qui vi furono sepolti.

Diversa, invece, era l’ultima destinazione degli sventurati che, nonostante l’esposizione ai piedi della Vergine o di uno dei santi “ausiliatori” del répit, non beneficiavano del prodigio e quindi non potevano ricevere il sacramento battesimale. Per loro, l’unica possibilità era quella di venir sistemati nella nuda terra “sotto la gronda” dei santuari, con la speranza che l’acqua piovana, divenuta lustrale per il contatto con il tetto dei santi luoghi, potesse in qualche modo donare ai bimbi mai-nati la liberazione dall’infausta condizione del limbus puerorum.

Con il procedere dei secoli e l’accanimento della Chiesa nei confronti della pratica, il répit fu alla fine sconfessato e proibito, così che tutti i bambini mai-nati furono destinati a non poter ricevere il battesimo e di conseguenza, ad una sepoltura al di fuori dei cimiteri, per la quale si rese necessario allestire ossari appositi, di solito proprio accanto ai battisteri.

VisernyChapelle

Chapelle Sainte-Christine, Viserny

A spiegare incidentalmente come possa essersi verificato questo delicato passaggio è il noto studioso francese del fenomeno, Jacques Gélis il quale, in un suo articolo del 1981 cita il caso della Chapelle Sainte-Christine di Viserny, non lontano da Semur-en-Auxois (Borgogna/Franca-Contea). In questo edificio sacro esiste ancora, di fianco al fonte battesimale, un’apertura sul pavimento attraverso cui si accede ad un profondo “pozzo” approssimativamente quadrato, di 1,5 metri per 1,5 metri, in cui venivano adagiati gli infanti che avevano potuto beneficiare del répit e che erano stati battezzati nell’adiacente fonte.

Insieme ai resti sono state trovate alcune monete - un “doppio” di Enrico VI e un “gettone” di Luigi XIV - retaggio di antiche superstizioni, si dice. Fin dall’antica Grecia ma anche in Palestina l’uso di accompagnare i morti con monete è assai diffuso. Richiama alla memoria il “caron dimonio” dantesco e l’obolo che le anime gli versano, secondo il sommo poeta, per farsi traghettare al di là del fiume Stige.

VisernyPuit

È un’ulteriore prova e dimostrazione che gli infanti sepolti nel “pozzo”, con il répit, erano stati liberati dalla condanna al limbo e potevano quindi entrare nell’aldilà. Il “limbus puerorum” nella Divina Commedia si trova infatti appena oltre l’ingresso all’Inferno e ben prima della riva del fiume. Che necessità avrebbero avuto, dunque, quelle anime di portare con sé l’obolo, se non potevano andare oltre il temuto limbo?

Con il passare del tempo, la pratica si sarebbe stemperata, riducendosi ad una semplice sepoltura - senza riti e senza preghiere, se non una veloce benedizione - in quelle buie fosse, forse con la speranza che i fanciulli già passati oltre avrebbero portato con sé anche le anime dei nuovi corpicini messi a giacere di fianco a loro.

Ma di questo non abbiamo alcuna traccia documentale. Le minacce e le scomuniche della Chiesa richiedevano assoluto silenzio e discrezione.

 

LuzzognoPuit

Un caso interessante e misconosciuto è quello di Luzzogno in Valstrona (Piemonte Settentrionale) dove è ancora ottimamente conservato l’ossario dei bambini mai-nati, all’esterno della parrocchiale, proprio accanto alla cappella-battistero (l’attuale battistero si trova all’interno della chiesa). La tradizione locale conserva ancora il ricordo di ciò che vi accadeva, ultima rimanenza del répit, che in paese senza dubbio si era celebrato, in precedenza, al santuario della Colletta.

 Costruita a partire dal 1711, la “fossa dei bambini” sorge sul lato settentrionale della chiesa parrocchiale e per la precisione a nord-ovest, la direzione dell'oltretomba già secondo gli aruspici Etruschi e poi Romani e condivide il tetto di copertura con la cappella adiacente, più piccola, non un vero e proprio battistero, ma un ambiente che ne simula in qualche modo lo scopo.

Una botola (oggi murata) nel pavimento dell'ossario permetteva di calare i corpicini fino a deporli sullo scivolo che li avrebbe portati nella loro dimora eterna, un vano spostato sotto la cappella piccola e forse un poco oltre.

I teschi con tibie incrociate e nastro colorato ad avvolgerli, ai lati della cancellata dell'ossario, annunciano la nascita e insieme la morte dei piccoli. L'elaborato motivo della cancellata stessa mostra la vita nel suo continuo divenire, con filari e foglie che si avvolgono e svolgono nell'infinito perpetuarsi dell'esistenza. L'efficace dipinto al di sopra è un monito e insieme un atto di fede e di speranza grandiosa. L'episodio crudamente rappresentato è tratto dalla Bibbia e precisamente dal Libro di Ezechiele.

L'infante, calato all'interno dell'Ossario, avrebbe certamente meritato la misericordia divina. Al termine dello scivolo, consegnato al riposo eterno, avrebbe avuto sopra di lui il cielo della “nuova terra”. Gli angeli, i tre sopra l'ingresso della cappella piccola, con le tuniche dei colori della terra, del cielo e della vita in mezzo a loro, avrebbero preso le piccole anime risollevandole dalla polvere e le avrebbero portate in paradiso.

 


BIBLIOGRAFIA

Jacques Gélis , De la mort à la vie: Les « sanctuaires à répit », in Ethnologie française nouvelle serie, T. 11, No. 3, Cultes officiels et pratiques populaires (juillet-septembre 1981), pp. 211-224, Presses Universitaires de France, Paris, 1981

F. Casalini e F. Teruggi, Mai Vivi Mai Morti, Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero, 2015

 


 

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Francesco Teruggi

Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).

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