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A Cannobio, presso l'attuale piazza S. Ambrogio, sorgono ravvicinate due chiese. Quella settentrionale, intitolata allo stesso santo milanese, ha forma ottagonale con un corpo rettangolare allungato verso ovest. Quella meridionale, esacrata (sconsacrata) e dedicata a Santa Maria Maddalena, ha invece impianto a croce.

Sant'Ambrogio è probabilmente non solo la più antica delle due, ma dell'intero borgo. Durante i lavori di demolizione del coro che si trovava a levante, nel 1629, per allargare la piazza, emerse infatti la data del 925 impressa su una pietra estratta dal muro. L'edificio compare poi nel 1174 nella Carta Capitolare e negli Statuti Borghesi.

 

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La Chiesa della Maddalena, invece, sembra esistere con certezza soltanto dal 1340 circa quale ospitale della comunità. La struttura doveva essere piccola e angusta, con il coro rivolto a est. Pare che, poco più a meridione scorresse un tempo il torrente Cannobino, poi deviato dall'innalzarsi del terreno o dall'abbassarsi progressivo del greto, sul percorso attuale. Il letto del torrente doveva trovarsi pressapoco dove oggi si snoda via Amore. Scavi (?) sotto la vigna antica dei Cappuccini, poco a sud della chiesa, rivelarono infatti la presenza di ciottoli e ghiaione.

 

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Veduta di Cannobio da Viaggio pittorico ai tre Laghi Maggiore, di Lugano e Como, Milano, 1816-21,
disegnato da F. Lose e inciso da Carolina Lose (fonte: http://archiviodelverbanocusioossola.com)

 

Ciò contribuisce a chiarire la posizione strategica dell'ospitale che, probabilmente, si trovava nei pressi del guado sul Cannobino, lungo la strada principale. Qui, avrebbero dunque sostato i pellegrini e i viandanti in attesa di passare il torrente nei frequenti periodi di piena.

Nel 1488 la chiesetta-ospitale con le abitazioni attigue era gestita dai Minori Osservanti Francescani.

Poi, per volere di San Carlo Borromeo, nel 1575 l'ospitale viene spostato a Santa Giustina, un tempo degli Umiliati e la chiesa passa ai Cappuccini da poco insediatisi a Cannobio. Ingrandita e abbellita viene riconsacrata dallo stesso San Carlo nel 1582, come ricorda una lapide ancora esistente.

 

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L'interesse dei Cappuccini per Cannobio e l'attenzione di San Carlo per l'Ordine dei Cappuccini furono probabilmente dovuti anche al vicario generale dell'epoca, Evangelista Ferritina da Cannobio (1511-1595), teologo e “uomo fornito di prudenza, di singolare erudizione e di una insigne probità d'animo”, che aveva partecipato attivamente al Concilio di Trento nel 1562. Provinciale di Milano, eletto e riconfermato più volte Definitore Generale (1541 al 1593) e procuratore dell’Ordine presso la Santa Sede (1558 e 1561), l'aveva governato per diversi anni (1564-1567). Di certo per il Borromeofra' Ferratina era un buon “alleato” e i Cappuccini erano una presenza più discreta, ma altrettanto sicura, di un tribunale inquisitorio, sul confine con i territori svizzeri, notoriamente infestati di “eretici”.

 

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Nel 1627, giudicata non più confacente alle esigenze dei frati, “presso di essa” viene costruita una nuova chiesa, la struttura ancora oggi esistente, con il coro orientato a meridione. Non ci sono notizie che chiariscano se il nuovo edificio fu un ulteriore ampliamento di quello esistente, che ne sarebbe quindi diventato la parte corrispondente all'ingresso oppure il transetto, o se esso non fu tenuto in alcun conto.

Non è neppure possibile stabilire se l'insolita dedicazione della chiesa fosse a Santa Maria Maddalena fin dall'inizio o se l'intitolazione sia stata decisa dal Borromeo nel 1575.

A tal proposito, ben nota è la proverbiale attrazione del cardinale per le donne, che tuttavia disprezzava profondamente. La sua avversione raggiungeva l'apice nella feroce persecuzione alle streghe che, pur non coinvolgendo direttamente Cannobio, lo vide protagonista nella vicina Valle Mesolcina (Bellinzona), proprio lo stesso anno, il 1582, della riconsacrazione della chiesa della Maddalena.

 

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Carlo Borromeo brucia i libri eretici trovati in Mesolcina
(chiesa di San Rocco, Soazza) fonte: http://www.ilmoesano.ch

 

La sua azione, svoltasi tra Roveredo e Mesocco, atta a “purgare la valle dalle streghe la quale era quasi tutta infestata di questa peste con perdizione di molte anime [...]”, lo portò a individuare 12 “eretici” di cui 11 donne, streghe, condannate poi ad essere arse vive legate a testa in giù sul palo del rogo.

Altre “anime” femminili, invece, come scrisse di proprio pugno nella lettera inviata al Cardinale Paleotti nel 1583, “...si sono ricevute misericordiosamente a penitenza colla abiurazione”. Queste donne “redente” si può ragionevolmente pensare che, nella mente del Cardinale fossero identificabili con la “donna redenta” per eccellenza dei Vangeli, Maria Maddalena appunto.

 

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fonte:http://viaggiatoricheignorano.blogspot.it

 

Del resto, proprio in quegli anni il Borromeo aveva fondato a Milano il ricovero di S. Maria Maddalena, detto il Deposito, nella zona di Porta Orientale, proprio per le donne di malavita bisognose di redenzione.

Non bisogna poi dimenticare che Cannobio era, ancora nel Cinquecento, terra di confine. E precisamente il torrente Cannobino rappresentava una sorta di limite geografico del ducato milanese, territorio del Borromeo. La chiesa-ospitale si trovava dunque in posizione di “dogana” e il “Castissimo” forse si augurava che funzionasse come un luogo di “quarantena” per coloro – donne soprattutto – che, provenendo da nord, intendevano entrare nel “suo” territorio.

Se, dunque, la nuova dedicazione fu decisa dal Borromeo, l'intitolazione iniziale della chiesa potrebbe essere stata differente. A ciò potrebbe alludere il deteriorato affresco sulla facciata all'esterno della Chiesa della Maddalena, in cui un uomo prega al cospetto dell'immagine di una Madonna della Valle Cannobina, anziché invocando la Maddalena, rappresentata nell'affresco sovrastante, abbracciata in solitudine alla Croce.

 

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Tuttavia, anche la dedicazione della chiesa di S. Ambrogio, a pochi metri, ad oggi intitolata al santo e alla Madonna delle Grazie, potrebbe essere stata consacrata in origine solo alla Vergine, cui più tardi fu aggiunto il santo milanese. Un'indizio in tal senso potrebbe essere rappresentato dall'esistenza, nell'edificio, di un antico affresco della Madonna detta “della Rosa”.

Esistevano dunque due chiese dedicate entrambe alla Vergine a pochi metri di distanza una dall'altra? O potrebbe essersi trattato di uno scambio o di uno spostamento di dedicazioni?

 

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Intitolazioni identiche ripetute e attribuite a chiese adiacenti non sono del resto casi isolati. A Gozzano, la dedicazione primitiva della chiesa di San Lorenzo, primo luogo di sepoltura di S. Giuliano secondo la tradizione e prima parrocchia del paese, sembra essere stata a S. Maria, secondo le parole del Bascapé. Ma sulla sponda opposta del fiume a poche decine di metri di distanza, esiste anche una seconda chiesa con uguale intitolazione, Santa Maria del Boggio, struttura cinquecentesca che sarebbe stata innalzata su un edificio precedente, menzionato in carte del 1015 come Santa Maria de Bozio.

 

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Chiesa di S. Lorenzo - Gozzano (NO)

 

Certo, nel caso di Cannobio le coincidenze non mancano. E forse possono offrire un'inattesa spiegazione alla doppia intitolazione. L'immagine più antica, sulla piazza Sant'Ambrogio, è quella della Madonna della Rosa e tale fiore è da sempre rappresentazione della coppa in cui fu raccolto il sangue di Cristo, simbolo insomma di rinascita, di elevazione spirituale. Non a caso il “rosario” cristiano si richiama ad esso nel nome. In verità quel fiore è la Vergine stessa, “rosa mystica” e “flos virginitas”, fiore di verginità, come viene definita nelle Lodi Lauretane e nei formulari del XII secolo da cui queste furono tratte.

 

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Madonna delle Rose (Botticelli)

 

E se essa è il vaso e la rosa, colei che invece quel vaso lo porta e lo custodisce è da sempre Maria Maddalena. Come molteplice, poi, è la natura della rosa, fiore caro tanto alla streghe quanto alle fate, così duplice è la natura di chi “porta” ( o di chi "è porta" di) tale coppa: maschile (Giuseppe di Arimatea) e femminile (Maddalena).

Si potrebbe quasi dire che il Graal e il suo portatore siano stati, per caso o per volontà, “solidificati” nelle due chiese che si affacciano sulla piazza di Sant'Ambrogio a Cannobio...

 

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 Ringrazio per questa ricerca GIULIA AIROLDI, ispiratrice della ricerca e il cui contributo nel reperire le fonti storiche è stato fondamentale e FABIO CASALINI, la cui preziosa consulenza mi ha consentito di colmare le inevitabili lacune.

 

 


BIBLIOGRAFIA

 

Luigi Branca, Storia di Cannobio e dei Castelli di Cannero, 1893

Giovanni Francesco Del Sasso Carmine e Pietro Carmine, Informazione istorica del borgo di Cannobio delle famiglie di esso borgo, 1912

Teresio Valsesia, Cannobio e la Valle Cannobina, 1976

Fernando Vittorino Joannes, Vita e tempi di Carlo Borromeo, 1994

Pietro Sforza Pallavicino e Zaccaria, Istoria del Concilio di Trento, 1833

Fabio Casalini, Carlo Borromeo e le donne gettate nel fuoco a testa in giù!, viaggiatoricheignorano.blogspot.it, 2014

 

 


 

 

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Ritroviamo Francesco Teruggi nella sede della sua associazione, Triasunt, in quel di Ornavasso.
Ci conosciamo molto bene, anche se ci frequentiamo da pochi mesi.
Arriviamo subito al perché della mia nuova visita!
Dobbiamo indagare la presenza dei Templari e degli altri ordini come i Lazzariti ed i Cavalieri di Malta, nel territorio compreso tra Novara e l’Ossola.
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Mercoledì, 27 Agosto 2014 21:14

La madonna "sbagliata" di Luzzogno

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Accoccolato nella stretta valle, verde di prati scoscesi e di boschi, che lo cinge come in un abbraccio, tra la tigre dormiente e la vigile serpe, sorge Luzzogno -Lux/Lucus-omnium o Lucus-Usium che dir si voglia- già sotto la Pieve di Omegna dal 1133 e indipendente dal 1455.

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Alle spalle dell’abitato, sulla testa della tartaruga, poco oltre il rio portatore di vita che cinge le case sul lato sinistro, si erge bianco e rosso il piccolo, prezioso Santuario della Colletta con la sua prodigiosa Vergine.

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Molte sono le stranezze di questo minuscolo centro e soprattutto del suo luogo più sacro.

Sulla roccia del santuario, pare che anticamente sorgesse già, come in molti altri luoghi, una cappelletta, poi trasformata nei secoli in oratorio, ma la sua origine è ignota. Di certo il ciclo di affreschi nei rispettivi quattro riquadri, ancora parzialmente visibile dopo i recenti restauri (1996) all’interno sulla parete destra e datato al XV secolo (scuola lombarda) costituisce un’indicazione valida della sua esistenza già dalla seconda metà del 1400: partendo dalla porta si scorgono ancora San Rocco e la Madonna con Gesù Bambino, San Bernardo (di Aosta), Gesù in croce con la Madonna e San Giovanni. Nel quarto e più grande infine, proprio come e dove ci si aspetta che debba essere, campeggia il Giudizio Universale, con tanto di demoni e anime torturate nel fuoco.

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Del resto, è la stessa tradizione riportata dal parroco Don Togno al vescovo di Novara nel 1884: "L'erezione di questo Oratorio fu quasi contemporanea all'erezione della Parrocchia di Luzzogno, che seguì l'anno 1455 ; la onde in quell'epoca venne collocata detta statua in detto Oratorio, la quale statua, secondo una vecchia tradizione, già da tempo anteriore stava esposta alla pubblica venerazione in una cappelletta che venne poi convertita nell'attuale Oratorio, successivamente ampliato a spese di un ricco signore della nobil casa Gozzano, di Luzzogno per grazia ricevuta dalla B. V. Della Colletta".

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E qui cominciano i misteri. La cappelletta votiva, poi diventata parte absidale dell’oratorio, doveva contenere una statua lignea di una “Vergine lattante”, munifica di prodigi, che fu poi collocata sul nuovo altare.

Eppure, nel 1597 il Bascapé in visita pastorale, constatando che ormai era una “scarsa imago linea super altare Beata Virginis Mariae, lactantis rudis et vetustate corrosa atque deformis”, un’immagine rozza, deformata e corrosa dal tempo, ne ordina la sostituzione.

Non si sa se ad essa subentrò una statua completamente nuova o se, come alcuni sostengono, fu sostituito il corpo della venerata immagine, mantenendone la testa, in effetti più antica del corpo. Fatto strano, la nuova Madonna della Colletta non somigliava più all’antica Vergine, anzi, non era più neppure “lattante”, bensì una più accettabile Madonna con Bambino.  

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Non pago del danno irreparabile arrecato al Santuario, cui la Madre continuò tuttavia a riservare la sua misericordia, il Bascapé è probabilmente anche l’autore dell’esecrazione, avvenuta appunto proprio nello stesso anno della sua visita, di un altro piccolo oratorio con annesso cimitero, detto “di fra’ Marco”, che era in verità dedicato alla Madonna nera (Madonna di Loreto). Si trovava al limitare del paese, proprio sotto la Colletta. Oggi presumibilmente sui suoi resti sorge una casa. Non lontano, alcuni ritrovamenti fanno supporre che vi potessere esistere, anticamente, un sepolcreto leponzio.

Visitando il santuario, ci si sofferma di solito sulla sfortunata storia di quel Gozzano, forse un signorotto locale, il quale, preso per un altro, fu incarcerato con l’accusa di furto e, a quanto pare, ritrovò la libertà grazie alla Madonna della Colletta. A costui si deve, l’ampliamento dell’oratorio in segno di ringraziamento… e un ulteriore oltraggio alla sacralità del luogo dopo il pasticcio combinato dal Bascapé.

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Tolto il tetto a capriate di legno, esso fu sostituito con volte in muratura, che tagliarono i preziosi ed eloquenti affreschi, già per altro provati dal tempo, modificando arbitrariamente la cubatura dell’edificio e vanificando lo sforzo dei maestri locali che avevano progettato il primo oratorio.

L’episodio era ritratto nella lunetta della facciata e mostrava il Malcapitato nobiluomo e "l'immagine vecchia della Beata Vergine", la Virgo Lactans. Purtroppo, nel 1865, fu chiesto al pittore Mattazzi di Massiola di “ritoccare” l’affresco… e anche quell’unica immagine della Vergine Lattante finì per diventare una Madonna con Bambino, segnando irrimediabilmente il destino del luogo.

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A completarne la decadenza, nel 1820 si provvide a cambiare ulteriormente la dedicazione del santuario, intitolandolo alla “Natività di Maria”.

Neppure le due incoronazioni successive (la prima nel 1885) della Vergine della Colletta avrebbero più potuto ripristinare la bellezza perduta di questo luogo sacro da sempre.

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Ma di tutta questa storia, nulla è stato scritto, se non ciò che rimane nella memoria dei suoi muri. Eppure molto ne può raccontare il nostro sapere cellulare, se ne ascoltiamo gli echi con attenzione, mentre visitiamo il luogo. Inconsapevolmente siamo sempre risonanti con ciò che ci circonda, ma il raziocinio e le emozioni ci rendono sordi e ciechi alla bellezza.

 Se invece, con pazienza e sforzo adeguato, ci sforziamo di insegnare nuovamente alla testa a comunicare con il corpo e viceversa, ci accorgeremo allora che non vi è più traccia di quell’acqua che, un tempo, doveva scorrere incrociandosi sotto l’altare, portando il luogo ad esprimersi al meglio. Se la sono portata via le gallerie della miniera ottocentesca di calcopirite che si apre pochi metri sotto alla chiesa. I più bravi potrebbero trovarne all’esterno, ma scoprirebbero presto che si tratta soltanto della tubazione recente (1942) che alimenta la fontana…

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Soprattutto non si può fare a meno di sentire, con un pizzico di tristezza, che la Madre Terra non si riconosce più da molto nell’immagine dell’Incoronata che riluce sull’altare, anzi, si rivolta contro sé stessa, rifiutando di essere quell’immagine che le hanno posto in capo.

Per quanto strano possa sembrare, essa rivede il suo fedele sembiante solo nel coro di recente fattura che si apre a lato dell’altare: qui, in cima all’arco di ingresso, pudicamente nascosto, campeggia un bel quadretto della Madonna di Re, portentosa Vergine Lattante!

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E così, dove la Terra in basso, si specchia nella sua immagine fedele in alto, la Madre si rasserena e può capitare che conceda ancora qualche carezza. Per quanto in rovina sia il luogo, infatti, la Madre che lo tiene sulle sue ginocchia, la “Beatae Maria Virginis cum filio in gremio” come si legge in un documento vescovile del 1629, vive e attende - pur in silenzio- che qualcuno la possa udire.

 

Grazie ai Viaggiatori Ignoranti, a Fabio Casalini (anche autore di alcune delle foto), Barbara Piana e a Severino Piana che mi hanno accompagnato alla scoperta di questo luogo ricco di fascino.

ViaggiatoriIgnoranti

 


 BIBLIOGRAFIA

 Sac. C. De-Giuli, Santuario (della) Colletta di Luzzogno : memorie, Domodossola : tip. C. Antonioli, 1926

Francesco Teruggi, Il Graal e La Dea, Ladolfi Editore, 2012


Lunedì, 11 Agosto 2014 01:28

TRIASUNT Associazione Culturale

Scritto da

ll RITMO è l’espressione della vita e della vitalità della materia in tutti i suoi strati, senza distinzioni. Ogni cosa avvene secondo il proprio giusto ritmo ed esso é funzione del ritmo originario stabilito dalla legge naturale.

 

L’Associazione Culturale TRIASUNT propone il recupero teorico e pratico del Ritmo, attraverso la naturale ma latente facoltà umana di “sentire” l’esistente, di dialogare con esso e di esprimere tale capacità in tutti gli ambiti del sapere, anche attraverso l’uso della Radioestesia.

L’Associazione Culturale TRIASUNT si occupa di:

  • Corsi, seminari, conferenze, viaggi e ogni altra attività atta a mostrare, far conoscere e consentire ad ognuno il recupero delle potenzialità del sentire umano
  • Recupero dell’originalità del sentire attraverso tradizioni e culture di ogni tempo e luogo e la diffusione delle arti in genere.
  • Attenzione tanto all’ambito locale quanto regionale, nazionale e sovranazionale.
  • Valorizzare tutte le categorie che appartengono alla parola Arte come la Pittura, Scultura, Fotografia, Artigianato, Architettura, Design;
  • Promuovere manifestazioni culturali, Mostre Personali e collettive, concorsi, fiere, eventi artistici in genere, utilizzando mezzi diversi;
  • Realizzare corsi di Formazione agli associati, seminari e corsi tecnici anche con personale qualificato;
  • Creazione di cartaceo informativo socioculturale;
  • Oragnizzazione anche con il patrocinio comunale, ovvero di altri enti, di conferenze con artisti e professionisti del settore.

 

Presidente: FRANCESCO TERUGGI

Vice presidente: CARLO LOVATI

 

TRIASUNT ASSOCIAZIONE CULTURALE

C.F. 93037300030

ORNAVASSO (VB) – 28877

VIA VITTORIO VENETO 18

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http://www.triasunt.it

 

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Incontro Francesco nella sede della sua associazione ad Ornavasso.
Quale luogo migliore per intervistare una persona che potrebbe stravolgere le idee sul passato dell’Ossola?
Ornavasso come sede di un importante santuario… o forse qualcosa in più?
Non anticipiamo troppo.
Poco dopo le nove del mattino mi presento, una rapida visita alla magnifica sede dell’associazione culturale triaSunt... rapida perché non riusciamo a smettere di parlare, ma meriterebbe una visita anche solo per ammirare i manufatti esposti provenienti da svariate zone del mondo.
Ci sediamo.
Vi sono giorni che si definiscono “speciali”, oggi è uno di quelli…..
 
Francesco, benvenuto tra le pagine dei viaggiatori ignoranti, iniziamo con la tua biografia: ricercatore, scrittore o editore?
La sequenza è corretta, da ricercatore a scrittore e, per diletto, ad editore. Voglio ricordare anche il mio impegno come giornalista.
Scrittore in quanto ho pubblicato due libri più un ebook, in uscita, sui Cavalieri Templari tra l'Ossola e Novara.
Il primo libro è “Il Graal e la Dea” scritto tra il 2008 ed il 2011. Il secondo è “Deen Thaang, il viaggiatore” pubblicato nel 2014. Il Viaggiatore raccoglie molti dei reportages di viaggio che ho scritto e pubblicato in questi anni e alcuni inediti: un punto di vista diverso sul mondo, sui popoli e le loro tradizioni.
 
Francesco, il motivo del nostro incontro risiede nel comune interesse per il rito religioso del Repit (a questo link troverete Il nostro articolo sui bimbi nati morti). Vi sono differenze chiare e nette tra il ricercatore ed il semplice curioso… ma oltre a quello vi è una seconda grandissima differenza che ora devi spiegarmi, io parlo di “ritorno alla vita dei bimbi "nati morti” tu invece parli di “bimbi mai nati”.
Ci sono differenze sostanziali oppure è una pura differenziazione linguistica?
Sì Fabio, c'é una differenza enorme…. Per morire devi essere nato prima, se non nasci come puoi morire? Il nocciolo della questione è questo: si parte dal concepimento, poi devono trascorrere nove mesi circa affinché il corpo sia pronto a "riceverti". Solo a quel punto sei tutto in questo mondo. Quindi il processo deve durare i necessari nove mesi, se si interrompe prima rimani incastrato da qualche parte che non è qua e neppure di la…. Alcune volte il processo si interrompe sul finire, pochi istanti prima di vedere la luce… così forse si spiega meglio perché i luoghi del repìt sorgevano spesso accanto o sopra antichi luoghi della fertilità, luoghi di "invito" a nascere...

Scusa se ti interrompo (succederà spesso, molto spesso), il ritorno alla vita aveva carattere sempre temporaneo o vi sono casi accertati di ritorno definitivo alla vita?
Si. Esiste almeno un caso documentato nella Francia Nord orientale, a Ligny-en-Barrois, avvenuto nel 1632.  La bambina che fu benedetta da quel prodigio tornò al santuario in cui era accaduto anni dopo, nel 1647, per portarvi un ex-voto, che è ancora visibile.
 
Il rito del Repit non è una tradizione nata con il Cristianesimo, ma molto prima, pendiamo dalle tue labbra.
Non è sbagliato quando gli storici affermano che è stata la risposta popolare al limbo, in attesa che i teologi risolvessero la questione, cosa che è avvenuta soltanto nel XXI secolo con Papa Ratzinger. Già al tempo dei Celti dovevano esistere riti similari. Per queste popolazioni le anime che non passavano “di là” vagavano sulla terra senza un corpo fisico ma prendendo forme varie. Il concetto è simile. Si tratta sempre di una condizione infelice e sospesa.



 
Quindi per i Celti i bimbi mai nati o nati morti….
Erano i folletti che abitavano le foreste. La tradizione è poi proseguita. Nel nostro territorio, i Walser diedero loro il nome di Twergi.
 
Siamo ad Ornavasso luogo nel quale si trova uno dei “Santuari a Repit”, il santuario della Madonna del Boden. Qual è la tua esperienza con questo luogo?
È da sempre un luogo particolare un punto in cui qualcosa di molto grande, complesso e amorevole riesce ancora ad esprimersi.
 
In questo preciso istante entra la moglie di Francesco, presentazioni di rito e “rito” del caffè da consumare al bar poco lontano dalla sede dell’associazione.
Nel breve tragitto tra una sigaretta ed una parola i pensieri iniziano a decantare….
 
Torniamo ad Ornavasso ed al Boden, come mai è stato eletto a luogo per lo svolgimento del Repit?
Ad Ornavasso, perché ad Ornavasso, più che altrove nelle vicinanze era consentito il Repit. Al Santuario del Boden perché su quel pianoro era consentito lo svolgimento del rito. Non consentito dall’uomo, ma dalla natura, da “Madre Terra” e dal Cielo. Tutto fa parte di qualcosa di più grande…. Per quanto riguarda Ornavasso non vi sono fonti documentali sui “miracoli accorsi durante il rito” e sullo svolgimento del rito, ma vi sono molti ex-voto a memoria dei risultati dell’evento e poi….sappiamo per certo che il Bascapè salì in queste lontane terre per vietarlo. Fabio voglio ricordarti che Ornavasso non aveva un solo Santuario a Repit, ma addirittura 2!

Scusa Francesco… Ornavasso ha due santuari a Repit?
Sì, oltre al Boden, anche il Santuario della Beata Vergine della Guardia era un santuario a Repit.
 
Ma quale era il principale?
Stando alle prove la Guardia, infatti il ricordo più antico, il più antico tra gli ex-voto relativi al répit a Ornavasso, mostra la Madonna lattante della Guardia, quale dispensatrice del prodigio e non la Vergine con Bambino del Boden. Il Santuario della Guardia nasconde ancora molti misteri ed alcune leggende….Una parla di un passaggio sotterraneo ad un certo punto del quale si troverebbe una porta con due leoni… un’altra che sotto la Chiesa vi fosse una cripta, storicamente però mai trovata… però le leggende hanno sempre un fondo di verità... Ci son voluti 40 anni per costruire le fondamenta di quel Santuario, cosa vi era di così difficile e complesso per impiegarci 40 anni?
 

Fermiamoci qui Francesco! Non possiamo raccontare tutto in questa prima intervista….

 

 

 

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