Confesso la geometrica verità
La ricerca è azzardo. Ci vuole sfrontatezza, coraggio di osare, di ragionare fuori dagli schemi e dalle costrizioni, a costo di sbagliare e di rimanere eterni incompresi. Tale è il tributo da versare alla conoscenza. Chi davvero cerca, spesso vede con gli occhi della mente quello che ancora gli occhi del corpo non sono stati capaci di scorgere coscientemente. Ma non è facile riconoscere il vero da ciò che solo immaginiamo.
Ho un'idea su un sito archeologico di grande importanza. Quando l'abbiamo esplorato, scoprendo con grande disappunto che, pur essendo “Patrimonio Mondiale dell'Umanità” sotto l'egida dell'Unesco, quasi nessuno sa che esiste, non ho avuto dubbi. È bastata un'occhiata. La segnaletica stradale ridicola che scompare dopo due incroci e l'indolenza istituzionale nel promuovere il luogo non sono state distrazioni sufficienti.
Il “castrum” fu capitale di un territorio enorme, presenta tracce di frequentazione pre-romana, ha tratti bizantini e fu poi inglobato nel regno longobardo che ne fece uno dei suoi più inaccessibili “luoghi di potere”. L'archeologia non osa spingersi oltre. Era un baluardo al confine con le terre barbariche, il cui dominio si spingeva dal Lago di Lugano al Monte Ceneri, a Parabiago, fino a Ponte Chiasso, alla valle d'Intelvi e al Ticino, al lago Maggiore. La sua ricchezza e importanza strategica venivano dalle attività “doganali”, dai dazi e balzelli per il passaggio e dal suo ruolo difensivo. Celti, Bizantini, Romani, Carolingi, Longobardi... ci sono passati tutti, tutti l'hanno voluto.
Del complesso si conservano parte delle mura, alcune torri ed edifici, i resti di una vera e propria cattedrale, anche se di modeste dimensioni, con un curioso battistero annesso, un'altra chiesa più piccola fuori dal perimetro delle mura, un monastero all'estremità opposta, almeno due aree cimiteriali.
Dopo due ore nel sito, già tutto il minuto lavoro ufficiale svolto non mi è più stato sufficiente. Ci vuole prudenza, non si può buttar lì ipotesi senza senso, lo capisco. Ma non mi basta. C'é altro. Non deve per forza essere chissà quale mistero, ma questa volta, davvero, “qualcosa sfugge”, come qualcuno amerebbe dire.
Castelseprio: Santa Maria foris Portas
Castelseprio è “stretto” fra il Monastero di Torba con le sue monache “senza volto” e una chiesa a pianta tipicamente bizantina, Santa Maria Foris Portas, risalente forse al V sec. (un trapezio su tre lati dei quali si aprono absidi) con dipinti murali antichissimi, che potrebbero essere addirittura del VII-VIII secolo. La quantità di tombe farebbe pensare che quest'ultima sia un edificio di culto “cimiteriale”, eppure tutto viene in mente entrando nella struttura, ma non la morte. Il ciclo di affreschi racconto gli episodi salienti della venuta e dell'infanzia di Gesù, con la strana particolarità che tutti vengono ripresi non dai vangeli canonici ma da quelli apocrifi. Tra tutte, una è particolarmente rara: la “Prova delle acque”, giudizio divino cui sarebbe stata sottoposta Maria per dimostrare la propria verginità. Si vede il sacerdote (forse Zaccaria) mentre le porge un contenitore con acqua “benedetta” (acqua sacra del tempio) e intanto pronuncia una maledizione.
Castelseprio: Santa Maria Foris Portas - "La prova delle acque"
Tutti gli elementi riconducono a una precisa simbologia legata all'acqua maledetta e benedetta insieme, che in tal modo può salvare la Vergine se ha detto la verità o condannarla se ha mentito. La particolarità delle scelte tematiche e stilistiche dell'ignoto “magister” non mi pare un atto di mera opulenza, il risultato della volontà dei potenti del Seprio di mostrare la loro ricchezza. C'é un senso e un significato poco visibile da svelare.
Che dire poi del pavimento a forme esagonali bianche e nere? La forma non fu scelta a caso. Un altro edificio, la chiesa di San Paolo, ha la pianta proprio di quella rara e insolita forma. Dalle visite pastorali pare che sotto di esso scorresse o sgorgasse acqua che poteva in qualche modo essere prelevata. L'altare era dedicato a Santa Margherita, figlia di un sacerdote pagano come pagano doveva essere il primitivo luogo su cui la chiesa sorse e “sauroctona”, dominatrice del “drago” sotterraneo.
Castelseprio: Santa Maria Foris Portas - tarsie del pavimento
Il complesso della chiesa di San Giovanni Evangelista, altrettanto, è un insieme davvero particolare. Lo è soprattutto il battistero annesso, inequivocabilmente di forma ottagonale, ma con un'absidiola che si estende verso est, che ne modifica simbolicamente l'impianto. È, in realtà, un doppio battistero, sono due le vasche al suo interno. L'ipotesi è che una servisse da serbatoio e l'altra da fonte battesimale vero e proprio. Di nuovo la simbologia dell'acqua è padrona.
Perché tutti questi richiami insistenti all'acqua? Sarebbe troppo facile immaginare una chiesa proto-cristiana, la prima fondata in zona e quindi chiesa “battesimale” attraverso la quale cristianizzare e diffondere la nuova religione. L'acqua a Castelseprio non sembra proprio avere usi “battesimali”, perfino il battistero è “strano” e allo stesso modo se ne può escludere un valore taumaturgico, di cui, appunto non c'é traccia. Compare piuttosto come mezzo di verità e come mezzo di autorità.
Acqua e forme geometriche si susseguono, si avvicendano, ritmano uno stesso ritmo. L'esagono e l'ottagono sono la “struttura” di cui l'acqua è “funzione”. La funzione è più visibile, come rivelare invece la vera struttura? Esiste una verità “geometrica” a Castelseprio che unifica in un progetto complessivo e chiaro tutto il sito. Come tutti i progetti deve avere un modello di riferimento. Misure, ampiezze, intervalli, proporzioni, una base su cui tutto è stato pianificato.
Al centro di tutto, inevitabilmente c'é il complesso di San Giovanni. Vale la pena partire da lì e per la precisione dall'unica forma geometrica compiuta e regolare dell'insieme: l'ottagono del battistero. La misura del suo diametro è l'unità di base. Eccola!
I due coefficienti sono 8 e 6, ottagono ed esagono. Pur con le necessarie "abbondanze" e imprecisioni, un cerchio che abbia un diametro pari a 12 volte quello del battistero abbraccia pressoché esattamente tutto il complesso basilicale. Ma il suo centro non è più nel battistero, deve corrispondere a quello dell'insieme. A questo punto la geometria “segreta” comincia a svelarsi. Mantenendo quel centro, ogni cerchio di diametro multiplo incrocia non casualmente tutti i movimenti.
La progressione matematica è quella codificata da Fibonacci. E quando arriviamo a un multiplo pari a 12 volte il complesso basilicale (144 volte il battistero), 12 come i segni zodiacali, a simboleggiare il cielo, ecco che il progetto nel suo complesso si svela. Le tre chiese sono una. Santa Maria Foris Portas e Santa Maria a Torba sono una sorta di enormi bielle che azionano in modo vicendevolmente controrotante quella di San Giovanni Battista, l'una con movimento levogiro, l'altra destrogiro. Non sono solo speculari geometricamente e geograficamente. Esse stesse sono opposte in polarità. Santa Maria Foris Portas è squisitamente femminile e “terrena”; Santa Maria di Torba pare fosse dedicata inizialmente (la chiesa primitiva corrisponderebbe all'attuale cripta, costruita poco dopo la chiesa Foris Portas appunto) all'arcangelo Raffaele, come segnalato nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani del XIII secolo e come indicato nel mappale del catasto teresiano del 1722. Torba è dunque più “maschile” e decisamente celeste.
Le tre chiese puntano, correttamente e ognuna coerentemente con la propria natura, ai tre fenomeni celesti fondamentali: il solstizio invernale Santa Maria Foris Portas, gli equinozi San Giovanni Evangelista, il solstizio estivo San Raffaele. Particolarità di tutte è quella di non puntare all'esatto fenomeno visibile ma ad una direzione spostata allo stesso modo di qualche grado.
Moti lunari e posizioni planetarie potrebbero essere stati affidati ad altre strutture del sito.
San Paolo (o forse Santa Margherita) è il terzo fulcro, ciò che sta tra cielo e terra e che li unisce... l'acqua appunto. Altri luoghi (Ornavasso, nel VCO ad esempio) presentano impianit simili.
Inserendo nella geometria complessiva del luogo esagoni immaginari, con un angolo puntato a Nord (celeste) e diametro uguale a quello dei cerchi, la configurazione svela nuovi dettagli. Molti sono gli edifici legati tra loro in base a questa forma.
Accade altrettanto utilizzando ottagoni con una punta a Nord. Gli orientamenti e le angolazioni apparentemente casuali degli edifici, improvvisamente acquisiscono un senso inatteso.
L'idea che ho quando lascio Castelseprio, solo una scintilla, diventa così, tempo dopo, un'ipotesi visiva, geometricamente veritiera.
Quanto all'acqua, che, sorgendo nell'esagono (San Paolo) viene poi “utilizzata” nell'ottagono, essa può avere un solo scopo, come l'intero, complicato e potente progetto di Castelseprio.
Il castrum è sorto intorno a un luogo di incoronazione o, meglio, era una sorta di “tempio dinastico”, di “Tempio delle origini”, presso il quale ogni nuovo “re” riceveva la corona e con essa l'autorità per governare e accanto al quale veniva tumulato, quale preziosa "reliquia" per i re a venire.
Gli affreschi di Santa Maria Foris Portas e in particolare l'ordalia (prova) dell'acqua rappresentano la prova di una “prole divina”, regale (Gesù). L'arcangelo Raffaele è il custode dei “giovani” (gli appena adulti, i neo-eletti, che per la prima volta “escono di casa”, quindi si “mostrano nella loro forma adulta e coniugale (re e regina) e diventano quindi a loro volta portatori di “prole divina”.
Così finalmente si spiega anche la strana scelta di dedicare la “cattedrale” cui è annesso il battistero non a Giovanni Battista ma all'altro San Giovanni, l'Evangelista. Fin dagli albori del Cristianesimo, infatti, il Vangelo a lui attribuito, a differenza dei tre sinottici, viene considerato quello della “regalità” cristica, della “venuta del Regno”, in quanto è quello che meglio spiega senso, significato e scopo della Passione e Resurrezione.
Castelseprio: San giovanni Evangelista - interno dei ruderi del battistero "doppio"
Fulcro assoluto di tutto il complesso di Castelseprio è certamente il battistero, inizialmente separato dalla chiesa di San Giovanni. Al suo interno c'é l'inconsueta presenza di un doppio fonte battesimale. Il fonte a immersione è ancora visibile, dell'altro non rimane che un basamento ottagonale, motivo per il quale è stato interpretato come una sorta di serbatoio per l'acqua.
Eppure, se l'ipotesi qui presentata, di Castelseprio come tempio dinastico, è corretta, il dispositivo potrebbe essere davvero spiegato come un “doppio fonte”, necessario proprio per quella particolare forma battesimale riservata ai re. Già i faraoni egizi, infatti venivano incoronati solo dopo un lungo rituale che comprendeva abluzioni (immersioni) in acqua sacra e il versamento di acqua sul loro capo. Identici gesti sono quelli attribuiti alle raffigurazioni bizantine del Battesimo di Gesù, immerso fino alla cintola e sul quale contemporaneamente il Battista fa scendere acqua dall'alto.
Tale è appunto il battesimo dei re. L'incoronazione del merovingio Clodoveo, nelle miniature, è rappresentata proprio così.
Battesimo di Clodoveo (fonte: Wikipedia)
Forse per questo i Longobardi, scesi in Italia, trasformarono Castelseprio in un grande monastero, inaccessibile a chiunque fuorché ai monaci, protetto e invisibile ai ficcanaso, stabilendo poi la capitale a Pavia...
BIBLIOGRAFIA:
Adriano Gaspani, Astronomia e geometria nelle antiche chiese alpine, Priuli&Verruca, 2000
Blanche Mertz, I luoghi alti, Sugarco, 1986
R. A. Schwaller De Lubicz, Il tempio dell'Uomo, ed. Mediterranee, 2000
Meyer Shapiro, Notes on Castelseprio, G. Braziller, 1979
P.M. De Marchi (a cura di), Castelseprio e Torba. Sintesi delle ricerche e aggiornamenti, 2013
Manuela Mentasti, Guida alla visita. Parco Archeologico Castel Seprio. Il castrum e il borgo, 2011
Francesco Teruggi, Il Graal e La Dea, Giuliano Ladolfi Editore, 2012
Francesco Teruggi
Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).
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