Mercoledì, 01 Maggio 2013 18:26

Petròs enì? - prima parte

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Siamo tutti convinti di sapere dove e quali siano le reliquie del principe degli Apostoli, San Pietro e dove venne innalzata la sua tomba,ma non molti conoscono la vera storia della loro scoperta e il giallo della loro identificazione. Questo è un resoconto con qualche fatto forse meno noto.

La tomba ufficialmente si trova dove la tradizione l'ha sempre collocata: sotto San Pietro, sulla verticale della Cupola. L'annuncio ufficiale della scoperta fu proclamato da Papa Paolo VI, durante l'udienza del 26 giugno 1968. Con poche parole, il pontefice confermò che, dopo l'individuazione della tomba, di cui già Pio XII aveva dato notizia nel 1950, ora anche le reliquie dell'apostolo erano state identificate con sufficiente certezza.

E il corpo del santo? Caso strano, seppur sotto il baldacchino del Bernini, dietro i marmi la "confessione", a diversi metri di profondità nelle viscere della basilica vaticana, di resti ne erano stati ritrovati molteplici, il Papa non diede nessuna precisa indicazione su quali, effettivamente appartenessero a San Pietro.

Pianta e alzato della necropoli vaticana

Per ricostruire la vicenda, motivare in qualche modo la stranezza e la mancata presa di posizione della Chiesa - che tutt'ora, nonostante tutto, permane - dobbiamo tornare indietro alla fine degli anni '30 e al pontificato di Pio XI. L'allora pontefice, protagonista della risoluzione dell'annosa "questione romana", che si concluse con la stipula dei Patti Lateranensi1, aveva espresso la volontà di essere sepolto il più vicino possibile al luogo che la tradizione indicava come tomba di San Pietro. Ma la morte lo raggiunse prima di poter provvedere personalmente, perciò questo divenne uno dei primi incarichi di Papa Pio XII, che diede inizio, nel 1939, ad alcuni saggi per l'ampliamento delle grotte vaticane, sotto la responsabilità di mons. Kaas, coadiuvato dall'architetto Bruno Maria Apolloni Ghetti, da Enrico Josi, dai gesuiti padre Antonio Ferrua e padre Kirschbaum.

E qui, comincia il mistero. Nel primo decennio di scavi emerse, dal ventre oscuro della Basilica di San Pietro, una vasta necropoli orientata in senso est-ovest e parallela all'antico circo neroniano (l'obelisco al centro di Piazza san Pietro viene proprio da tale struttura) in cui l'apostolo avrebbe, secondo tradizione, trovato la morte. Sotto l'altare attuale, voluto da Clemente VIII si ritrovò quello di Callisto II; al suo interno quello ancor più antico di Gregorio Magno e sotto di esso, il parallelepipedo di laterizi rivestito di marmo, fatto erigere da Costantino tra il 321 e il 326 d. C., per proteggere la supposta tomba di Pietro, durante i lavori di edificazione della prima Basilica.

Ma la tomba era davvero lì? Sì, c'era. Dietro i marmi pregiati e la malta cementizia giaceva un monumento del II secolo, una piccola edicola sorretta da colonne e divisa in due, addossata ad un muro rosso e fiancheggiata da un altro pezzo di muro. Quest'ultimo era ricoperto di monogrammi e scritte, un chiaro segno di forte devozione per il luogo e quindi per chi vi era sepolto. L'edicola poteva essere facilmente ricondotta ad uno dei leggendari "trofei di Gaio"2, e i graffiti non lasciavano dubbi. La tomba di Pietro, si trovava proprio lì, dove la tradizione la collocava da sempre.

Sanpietro7

Ricostruzione della tomba contenuta nel plinto di laterizi

Purtroppo la fossa rinvenuta ai piedi dell'edicola si era rivelata vuota e resti umani frammisti a ossa animali erano stati rinvenuti solo addossati al muro rosso nonché, per puro caso, aprendo un varco nel monumento costantiniano, in una nicchia all'interno del muro longitudinale, proprio dietro i graffiti. Perciò, quando Pio XII nel 1950 annunciò della scoperta della tomba, non fu in grado di chiarire se anche i resti dell'apostolo fossero stati individuati.

Le rimanenze ossee più promettenti, intanto, erano state catalogate e chiuse in cassette in attesa di approfondite analisi. Quelle contenute nel muro invece, pietosamente raccolte da mons. Kaas durante le perlustrazioni solitarie che ogni sera compiva nel sito per assicurarsi che neppure un osso rimanesse senza degna sepoltura, non furono analizzate e non se ne seppe più nulla per oltre dieci anni. Gli esami avevano rivelato che i resti prelevati ai piedi del muro appartenevano ad almeno tre individui. Sfortunatamente l'unico dei tre che presentava forti analogie con il profilo dell'apostolo per età e costituzione, era dotato di teschio e non poteva in alcun modo essere San Pietro.

Eh già! Il suo cranio e quello di San Paolo sarebbero infatti conservati in due preziosi reliquiari custoditi in San Giovanni in Laterano e lì giunti dopo che i resti dei due martiri erano stati trasferiti, nel 258 d. C., nel santuario in catacumbas lungo la via Appia.

Le tracce della presenza di Pietro erano solo indiziarie, non c'erano prove definitive, ma l'importanza della tomba fin dall'antichità e i tanti elementi raccolti non potevano che portare ad un'unica conclusione: quella era la tomba – vuota – di San Pietro.

Quanto al loculo, doveva essersi trattato di un rifugio puramente temporaneo, una tappa dello spostamento delle reliquie fino alla loro definitiva collocazione in Laterano. Perciò, Pio XII diede l'annuncio del rinvenimento, gli scavi furono conclusi e l'accesso alla necropoli e alla tomba interdetto a chiunque.

Negli stessi anni, a diverse migliaia di chilometri di distanza, nei dintorni di Gerusalemme, un monaco del monastero annesso alla chiesa del "Domine Flevit", sul Monte degli Ulivi, stava lavorando il terreno con la vanga, quando gli si aprì sotto un buco che inghiottì l'attrezzo. Era il 1953. Gli scavi che furono immediatamente avviati rivelarono l'esistenza di una vasta e importante necropoli protocristiana.

Sarcofagi della necropoli presso il "Dominus Flevit"

Si rinvennero per la prima volta monogrammi del Cristo (che consentirono di datare la necropoli al 70 d. C. circa), mai individuati prima in Terra Santa e tra le tombe, affiorarono pure sarcofagi con il nome di Maria, di Marta e di Lazzaro. A poco più di tre metri di distanza, ce n'era uno ancor più inquietante e scomodo: conteneva dei resti e portava il nome di "Simone Bar Jona", Simone figlio di Giona, il Simon Pietro delle scritture, l'apostolo fondatore della chiesa di Roma. Com'era possibile?

Continua...


NOTE

1Rimarchevole è il fatto che la Basilica di San Pietro sia orientata, come il loculo, verso ovest. La fosse ai piedi del trofeo risulta invece ruotata verso sud-sudovest.

2Una di queste è l'epigrafe del reliquiario del martire Teofimo, rinvenuto a Synnada, nell'attuale Turchia.

 


BIBLIOGRAFIA:

Margherita Guarducci, La tomba di San Pietro: una straordinaria vicenda, 1989

Margherita Guarducci, Le reliquie di Pietro in Vaticano, 1995

Barbara Frale, Il principe e il pescatore, 2011

Pietro Zander, La necropoli vaticana, 2002

Antonio Ferrua, Antichità cristiane: nella tomba di S. Pietro, 1941

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Francesco Teruggi

Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).

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