Sabato, 29 Giugno 2013 10:53

I misteri della Cattedrale dei Walser

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Ci sono storie note e meno note, ci sono storie sconosciute ma che meritano di essere raccontate; ci sono luoghi mitici e leggendari, come Rennes-Le-Chateau, che accendono le più sfrenate fantasie e altri di cui quasi niente si sa, ma che non hanno nulla da invidiare a quelli più famosi.

Uno di questi è Ornavasso, un piccolo paese dell'Ossola, vallata alpina dell'Italia nord occidentale che, tra il Seicento e il Settecento, fu teatro di una vicenda dimenticata e misteriosa, fatta di lotte di potere e ricerche alchemiche, solo di recente svelata in tutta la sua portata e importanza storica.

I fatti all'origine della vicenda sono in apparenza di poco conto: nel XVII secolo in questa ignota località che contava, all'epoca, poche centinaia di anime, una piccola edicola votiva spersa tra i boschi e le balze sopra l'abitato, aveva cominciato ad elargire prodigi di ogni sorta. Dopo diversi anni, constatando il perdurare dei miracoli, il parroco aveva alla fine deciso di inviare al vescovo una richiesta scritta per edificarvi intorno una semplice tettoia di legno, sotto la quale celebrare la messa di ringraziamento una volta all'anno.

Ma, da queste premesse apparentemente insignificanti, comincia a quel punto una storia incredibile. La risposta sbalorditiva e immediata giunta dal vescovado, infatti, non fu un semplice assenso, bensì il progetto particolareggiato e meraviglioso di un enorme santuario barocco, degno di un duomo medievale, fatto realizzare dal più insigne architetto milanese del tempo Attilio Arrigoni. Da quel momento, fuori e dentro le sue mura si sarebbero incrociati, in una vicenda quasi epica, vera e documentata, ma con tutti gli ingredienti del romanzo giallo, non solo gli interessi particolari del villaggio, ma anche quelli della diocesi novarese e del Ducato di Milano, per mano di una delle sue più potenti famiglie.

Protagonista silenzioso e discreto di questa storia fu un insigne rappresentante della nobiltà milanese, giunto in gran fretta in paese poco prima che l'edicola salisse agli onori della cronaca. Sul terreno acquistato a pochi passi dalla cappelletta, il nobiluomo, che era cavaliere e abate, aveva immediatamente fatto costruire la sua residenza privata, non una casa o un fortilizio, ma un bizzarro edificio a pianta ottagonale che, negli anni si sarebbe conquistato la fama di “Castello della morte”.

I ruderi dell'Ottagono o "Castello della morte" in una rarissima foto d'epoca

Poi, subito dopo l'edificazione dello strano “Ottagono”, Ornavasso vide la realizzazione del progetto della Guardia in cui sembrarono prendere forma, con la massima perfezione, i principi della più rigida Controriforma. Invece, dietro questo velo di apparenza, sorse una vera e propria cattedrale, non diversa da quelle, più antiche e famose, gotico-romaniche, ma in stile tardo-barocco: una costruzione austera, fuori dal tempo e dallo spazio, un “refuso” che, ancora oggi, torreggia sopra il paese con il suo incredibile profilo ottagonale.

Il Santuario della Guardia oggi

Furono necessari 40 anni solo per gettare, sulla viva roccia, le fondamenta e il progetto richiese una quantità enorme di denaro, la cui provenienza non è giustificabile con le sole donazioni occasionali raccolte in paese. Presto cominciarono a circolare voci di tesori, di passaggi segreti e di porte guardate a vista da leoni.

Le sue proporzioni sono calcolate in ogni dettaglio sul mistico numero aureo. Il suo impianto suggerisce la volontà di realizzare un'enorme rotonda che, però, non fu mai portata a termine. La sua posizione e le sue direzioni, apparentemente casuali, nascondono coerenti e potenti allineamenti astronomici solstiziali apertamente in contrasto con i principi conciliari tridentini che invece approvavano solamente quelli equinoziali. Nella deviazione studiata di una porzione del transetto si riconosce la firma dei costruttori di cattedrali. Lo scudo marmoreo incastonato nell'altare principale riproduce scorrimenti di acqua sotterranei e linee di forza.

Lo scudo marmoreo che raffigura scorrimenti sotterranei e linee di forza

E ancora, nei dipinti, nelle cornici affrescate, nelle tarsie, negli stucchi, apparentemente aderenti ai dogmi, alla tradizione e all'ortodossia, occhieggiano i simboli nascosti e i glifi occulti di una sapienza antica e potente. Nessuna delle scene raffigurate proviene dai Vangeli canonici, tutte sono prese da apocrifi. Uno dei dipinti richiama prepotentemente l'impianto e le simbologie cromatiche delle opere del pittore esoterico Poussin e viene colpito da un raggio il sole all'alba del solstizio estivo.

Il dipinto esoterico dell'altare di San Giuseppe

(a destra nella foto il taglio da usura prodotto dal battere del sole all'alba del solstizio Estivo)

Su tutto domina dall'altare maggiore l'immagine miracolosa, inaccettabile e da sempre condannata, della Grande Dea, celata sotto le mentite spoglie di una Madonna che allatta a seno scoperto.

L'altare maggiore con la Madonna allattante a seno scoperto

Sfortunatamente l'abate non vide mai la fine del grandioso progetto. Si premurò di lasciarne la prosecuzione in buone mani, come avrebbero fatto i suoi successori dopo di lui. Così, mentre i lavori si avviavano a conclusione, la confraternita di Santa Marta, la più potente del paese, provvide a costruire un terzo edificio, la “Rotonda del Crocifisso”, di forma ottagonale e con le stesse caratteristiche del santuario: a cento anni dall'arrivo in paese di quell'abate, ricordato dalla storia soltanto per il suo ardente ascetismo e per alcune stranezze che si raccontava succedessero nella sua residenza, il progetto era finalmente completo.

Ruderi della "Rotonda del Crocifisso"

I miracoli al suo interno si verificavano in grande quantità: guarigioni, interventi di protezione, benedizioni e il misterioso prodigio della “doppia morteo “répit, la resurrezione temporanea dei fanciulli nati morti affinché potessero ricevere il battesimo. Ma l'interesse di chi avrebbe dovuto curarsene finì per venire meno. Prima caddero in rovina l'Ottagono e la Rotonda, spazzati via dall'incuria e dalle piene del torrente. Infine fu la volta della Guardia, troppo costosa per le magre risorse del paese. E presto la storia di questi monumenti fu dimenticata.

Ex-voto a ricordo di un rèpit del Santuario belga di Avioth (sinistra)

e particolare di un ex-voto per un rèpit avvenuto alla Guardia di Ornavasso (destra)

Oggi solo il santuario, mai veramente consacrato, rimane ancora a testimoniare in silenzio gli scopi reconditi di questo personaggio e continua a custodire al suo interno le prove, nascoste e sfacciatamente in vista, di un progetto impossibile. L'abate era certamente un alchimista, dedito a pratiche che al tempo l'Inquisizione condannava duramente, ma ben protetto dalle cariche nobiliari ed ecclesiastiche di cui era insignito. Scelse Ornavasso, con il suo blasone su cui stranamente campeggia una sirena, le sue leggende di streghe, folletti e antichi luoghi di culto.

Stemma di Ornavasso

Là e soltanto là avrebbe potuto creare, profondendovi tutta la propria conoscenza e i propri legami di sangue e di potere, quell'immensa “macchina spirituale” e realizzare così il sogno di ogni Vero Filosofo: ottenere la mistica e leggendaria Pietra Filosofale, il Graal, il calice che, una volta, reggeva tra le mani, ora vuote, la figura femminile sull'altare della Guardia.

La figura femminile che reggeva il Graal sulla sommità dell'altare (ricostruzione)

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Francesco Teruggi

Scrittore e giornalista pubblicista. Direttore delle collane "Malachite" e "Topazio" presso Giuliano Ladolfi Editore. Autore del saggio divulgativo "Il Graal e La Dea" (2012), del travel book "Deen Thaang - Il viaggiatore" (2014), co-autore del saggio "Mai Vivi Mai Morti" (2015), autore del saggio "La Testa e la Spada. Studi sull'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni" (2017), co-autore del saggio storico "Il Filo del Cielo" (2019) pubblicato in edizione italiana e in edizione francese. Presidente dell'Associazione Culturale TRIASUNT. Responsabile Culturale S.O.G.IT. Verbania (Opera di Soccorso dell'Ordine di San Giovanni in Italia).

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